Blackout non è solo profumo: è un presagio. Un invito a entrare in uno spazio intimo e conturbante, dove il tempo si sfalda e i sensi si affilano.
C’è un momento — che accade sempre troppo tardi o troppo presto — in cui la notte sembra trattenere il respiro. L’aria è spessa, satura di segreti. Le superfici brillano come pelle sudata, e anche le pietre sembrano sussurrare memorie. Una luce improvvisa squarcia l’oscurità, rivelando per un istante la scena: muschio bagnato, foglie morte, una fontana dimenticata, e lì, come un oggetto rituale, Blackout.

È una fragranza che si staglia nel panorama contemporaneo come un rituale di immersione nell’ombra e nella seduzione. Non è un profumo che si lascia indossare distrattamente: è un statement, un campo magnetico di tensione tra luce e oscurità, tra la pelle e l’ignoto. Un blackout, appunto — non come assenza, ma come sovraccarico, come cortocircuito sensoriale. Le note di Blackout non sono dichiarate quasi per tenere tutto ancora più all’oscuro.
Blackout è una danza silenziosa tra opposti: luce e abisso, materia e spirito, desiderio e disfacimento. Porta con sé la stessa tensione che si avverte davanti a un dipinto di Francis Bacon: carne, ombra, distorsione e bellezza brutale, o forse come abitare per qualche ora una scena di David Lynch, dove nulla è completamente decifrabile, ma tutto vibra di senso e tensione.
L’apertura è secca, nervosa, quasi tagliente. Un impatto di spezie — pepe nero, forse, o zafferano — che non accolgono, ma provocano e sussurrano con voce roca. È l’attimo prima del buio totale, quando la tensione cresce e tutto potrebbe accadere, come una dissolvenza in nero accompagnata da un sussulto.
Poi qualcosa cede, scivola. La fragranza si fa più vischiosa, profonda. Cuoio laccato, patchouli e labdano. È un cuore che pulsa lentamente, come una stanza chiusa che trattiene il calore dei corpi. È un odore che vibra, che ammalia senza compiacere. Qui Blackout evoca un’atmosfera da boudoir post-industriale, tra i rottami del desiderio e la sacralità dell’eros.
Il fondo è carnale e terroso: oud, muschio, una nota bruciata che ricorda la cenere sacra. La base è quanto di più magnetico e profondo si possa immaginare. Non c’è nulla di tenue: è una firma olfattiva che lascia tracce indelebili, che invade e conquista. La pelle lo trattiene a lungo, come se volesse tenerlo con sé. Come un morso lasciato nel buio.
Ci sono profumi che raccontano storie. Blackout le evoca senza mai dirle. È una presenza che rimane, come l’eco di un flash in mezzo al nulla, come l’odore che resta dopo un incontro notturno, come la traccia di qualcosa che non si può più vedere, ma che si continua a sentire.
Non parla a chi cerca l’armonia. Parla a chi cerca l’intensità. A chi sa riconoscere la bellezza dove gli altri non la vedo, a chi cammina di notte completamente al buio e a chi ama perdere il controllo nel modo più elegante possibile.
Da indossare ascoltando: A Season In Hell – These New Puritans